I nostri primi 25 anni: incontriamo Joanne Wolfe

23 Settembre 2024
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Per il venticinquesimo anniversario della Fondazione Maruzza abbiamo incontrato chi ha condiviso con noi alcune tappe fondamentali del nostro percorso.

La terza intervista del ciclo di incontri “I 25 anni della Fondazione”,  iniziata con un dialogo con la Sen. Livia Turco e con  Monsignor Vincenzo Paglia , è dedicata a Joanne Wolfe tra i principali esperti internazionali di CPP e Professore di Pediatria della Harvard Medical School, Stati Uniti.

Q1. Il nostro primo incontro, avvenuto quasi dieci anni fa, è stato per la Fondazione molto importante per lo sviluppo delle cure palliative pediatriche a livello internazionale. Può raccontarci quali sono i suoi ricordi del primo incontro con la Fondazione Maruzza?

Quando ho partecipato al primo Congresso Internazionale Maruzza sulle Cure Palliative Pediatriche, mi è sembrato di aver trovato la mia famiglia professionale, Non mi ero resa conto di avere così tanti parenti! A quel tempo, ognuno di noi lavorava quasi isolato, cercando di migliorare la qualità di vita dei bambini gravemente malati e delle loro famiglie.  A volte ci si sentiva soli e frustrati, soprattutto per la lentezza dei progressi. Stare insieme a persone appassionate e con la stessa mentalità è stato di grande ispirazione! Abbiamo imparato molto gli uni dagli altri e creato legami duraturi che hanno favorito collaborazioni e amicizie internazionali.  Da quel primo incontro ho avuto il privilegio di lavorare con colleghi di tutti i continenti, tranne l’Antartide. Oggi sono molto fiduciosa perché insieme stiamo facendo grandi passi avanti. Averci riunito è stato un dono enorme.  Grazie a Silvia e alla Fondazione Maruzza!

Q2. Lei ha gentilmente accettato il nostro invito a partecipare come Keynote Speaker alla sesta edizione del Maruzza International Congress on PPC. Può raccontarci le sue speranze, le sue aspettative e anche le sue preoccupazioni per quanto riguarda l’offerta di cure palliative specifiche per i bambini nel futuro prossimo e lontano?

Ho partecipato a tutti i Congressi, tranne uno che ha coinciso con un importante evento familiare. Ogni volta vado via ringiovanita e rinvigorita nel mio impegno per il progresso delle cure palliative pediatriche e da questo Congresso, non mi aspetto nulla di diverso. Non vedo l’ora di rinnovare i legami e di crearne di nuovi. Raggiungere l’obiettivo di eliminare la sofferenza dei bambini e delle loro famiglie continua a essere il mio “chiodo fisso”. Ci troviamo di fronte a barriere e ostacoli clinici, educativi, di ricerca e di sostegno.  Tuttavia, sono fiduciosa che, grazie alla comunità che la Fondazione Maruzza ha costruito, riusciremo a imporci.

Q3. Può dirci cosa l’ha spinta a lavorare nelle Cure Palliative Pediatriche?

Durante la mia formazione in ematologia/oncologia pediatrica, ho assistito a una enorme sofferenza sia nei bambini che nelle loro famiglie. L’assistenza ai bambini affetti da cancro in stadio avanzato, soprattutto nel fine vita, era spesso  confusionaria e lasciata all’improvvisazione. Non potrò mai scordare una notte di guardia durante la quale un bambino, affetto da neuroblastoma avanzato, urlava di dolore mentre sua madre lo cullava amorevolmente implorandoci di fare qualcosa per non farlo soffrire. Come tirocinante, ero sola con le infermiere – non c’erano medici strutturati presenti, non c’erano linee guida e non c’erano protocolli per una titolazione efficace dei farmaci – Non avevo ricevuto alcun insegnamento sulle migliori pratiche da seguire, né esistevano dati empirici che ci guidassero in queste fasi. Mi sentivo disperata mentre tentavo di tutto per alleviare le loro sofferenze.
Per fortuna, lavoravo con infermiere di grande esperienza e insieme siamo rimaste al capezzale del bambino per ore, finché non ha trovato conforto. Purtroppo, ricordo molte altre situazioni simili. Queste esperienze mi hanno fatto capire che, come comunità sanitaria, dovevamo fare molto meglio. Questa consapevolezza mi ha spinto ad impegnarmi nella ricerca di un cambiamento.

Q4. Per concludere, potrebbe mandare un messaggio ai giovani professionisti della sanità che stanno pensando o hanno già scelto di lavorare in questo settore gratificante ma molto impegnativo dell’assistenza sanitaria e dirci cosa l’ha attirata originariamente verso la CPP?

Inutile dire che una carriera nelle cure palliative pediatriche è immensamente gratificante. Sebbene le sfide intellettuali ed emotive siano significative, non si è mai soli: si affrontano insieme ad altri colleghi con diverse competenze professionali, si è parte di una squadra. Fare la differenza nella vita dei bambini gravemente malati e delle loro famiglie è profondamente gratificante. Forse un segreto da tramandare è che le lezioni apprese durante questo lavoro “penetrano” nella nostra vita privata e personale. Testimoniare la sofferenza e il sollievo produce conseguenze involontarie in chi fa questo lavoro, riceviamo veri e propri “doni” come ad esempio: profondità, compassione e gioia.